Il nuovo libro di Alessandro Amadori:

Alessandro Amadori, PhD, psicologo, ricercatore sociale e di mercato, formatore manageriale, già direttore del Centro Studi Assirm, è direttore scientifico di Yoodata e professore incaricato di comunicazione politica all’Università Cattolica di Milano. Ha lavorato e lavora tuttora come “spin doctor”, ed è stato il primo a studiare scientificamente la comunicazione politica di Silvio Berlusconi.

“Chi fa politica e chi governa non segue i sondaggi”. E' questo il solito, classico leitmotiv che chi fa il giornalista politico si sente dire da segretari di partito, ministri, capigruppo, deputati, senatori, parlamentari europei, presidenti di regione e sindaci, quando si chiede loro un commento su un sondaggio, che sia sulle intenzioni di voto oppure, ad esempio, sulle principali priorità del paese.

Peccato che la verità sia esattamente l’opposto. Tutti i partiti, di destra e di sinistra, di governo e di opposizione, seguono costantemente i sondaggi demoscopici e orientano le proprie decisioni e scelte politiche in base a ciò che emerge dalle ricerche sull’opinione pubblica. E' un grande classico, in questo senso, ciò che accade nei quindici giorni prima delle elezioni, soprattutto se si tratta di elezioni politiche o europee, quando la pubblicazione dei risultati di sondaggi elettorali sulle intenzioni di voto è vietata per legge. Sono infatti gli stessi parlamentari, o persino i leader di partito, a cercare i giornalisti per cercare di capire “che aria tira” o “come sta andando”. Addirittura, queste informazioni vengono spasmodicamente ricercate lo stesso giorno del voto, quando verso sera iniziano ad arrivare su whatsapp messaggi, da destra e da sinistra, per capire se il giornalista di turno ha in mano qualche primissimo exit poll.

D’altronde, si dice che Giuseppe Conte, quando era a Palazzo Chigi come premier del governo giallo-rosso, si faceva mandare tutte le settimane il famoso “Cruscotto” di Nando Pagnoncelli. Che, guarda caso, veniva poi diffuso ai giornalisti quando i dati per l’esecutivo erano positivi, e veniva invece lasciato riservato quando i risultati non erano brillanti per il governo e per il presidente del Consiglio. Tutto questo per dire che nella società di oggi, come insegnano gli Stati Uniti, sia per le primarie ormai concluse sia, e soprattutto, in vista delle elezioni presidenziali di novembre, i sondaggi ormai sono una componente fondamentale del dibattito politico e mediatico. Prima ancora che per l’opinione pubblica, che comunque li segue con costanza e interesse (e i dati sugli accessi dei siti Internet che riportano dati demoscopici lo dimostrano), proprio per i politici in generale e per i leader di partito in particolare. In questo senso, è emblematico ciò che accade ad esempio prima di scegliere un candidato sindaco o presidente di regione: a meno che non ci sia un sindaco o presidente uscente “blindato”, ogni partito commissiona un sondaggio e poi la coalizione si confronta per decidere chi candidare, valutando attentamente i risultati.

In qualche caso commettendo anche degli errori, come probabilmente è successo alle ultime elezioni regionali in Sardegna, con lacandidatura del sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, che è stato sconfitto da Alessandra Todde e che è stato penalizzato proprio da come è andato il voto nella sua città (tanto che lo stesso Truzzu, con una generosità che gli fa onore, si è attribuito totalmente la responsabilità della sconfitta). Ma i sondaggi sono fondamentali anche per capire quali scelte, ad esempio economiche, prendere. Se destinare i pochi soldi che lo Stato ha in legge di bilancio alle pensioni o al taglio delle tasse, piuttosto che se tagliare sulla sanità o sulla scuola. Anche sulla politica estera le rilevazioni demoscopiche sono utilissime. Per fare un esempio, la stanchezza degli italiani per il sostegno all’Ucraina di Zelensky (rilevata demoscopicamente) è alla base dello scetticismo del Movimento 5 Stelle e in parte anche della Lega. In politica e in parlamento molto ruota attorno al tentativo di capire che cosa pensi l’opinione pubblica su questo o quell’argomento. Per non parlare delle intenzioni di voto. Un partito sale? Avanti sulla linea intrapresa! Scende? Cambio di rotta!

Insomma, come Alessandro Amadori sa bene per via della sua lunga e consolidata esperienza in materia, i sondaggi (non solo elettorali, ma soprattutto elettorali) sono più che mai alla base delle concrete scelte politiche che i partiti, di maggioranza e di opposizione, sono chiamati a fare. Per questo è importante conoscerne le caratteristiche metodologiche, e imparare a valutarli criticamente. Ed è proprio quello che ci aiuta a fare il testo di Amadori, mostrandoci non solo come si fa un sondaggio, ma anche come si arriva oggi, nella società della comunicazione e dello storytelling, a costruire una campagna elettorale potenzialmente di successo. Svelandoci, così, i segreti del mestiere dello “spin doctor”.

Alberto Maggi, responsabile della sezione di politica di “Affari Italiani”, il primo quotidiano online italiano


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